È dallo “Stabat Mater” di Pergolesi che Antonio Tarantino prende a prestito il nome, la figura della Madre e la tematica del dolore, nutrendo poi il testo drammaturgico con ombre del proprio immaginario. Nella sua opera teatrale, infatti, la figura epica della Madre del Cristo è resa attuale e trasferita sulle rive della realtà e del tempo presente. La Madre di Tarantino è una ragazza-madre. Il padre di quel figlio che lei attende è sposato con un’altra. Il figlio che è stato generato, seppure di grande intelligenza, viene arrestato in quanto terrorista.Una Madre nel dolore e nell’attesa del dolore, che si strugge di avere notizie del figlio e anche di quel padre generante, associato all’ipotesi d’amore e di coppia; una figura dissoluta, traditrice, desolante per miseria, come lo sono tutti i personaggi convocati, e che resta assente.L’autore mischia l’italiano con sporcature dialettali/gergali, frantuma la lingua, ne crea una pastura da gettare in bocca alle proprie ombre, ai propri personaggi. L’italiano e il dialetto si fondono altresì con le confluenze delle lingue portate con l’immigrazione, lingue del Sud.Sono gli anni in cui si erigono le grandi periferie operaie, le case popolari a buon mercato che presto divengono città alternative, satelliti popolati di debolezze e sopravvivenze, enclavi della speranza come della disillusione, facciate di cemento che soffocano qualunque possibilità di resistenza umana per instaurare coattamente la molteplicità. È povertà, fame e delinquenza. È prostituzione, malaffare, degrado.Tutto questo entra coscientemente nella scrittura di Tarantino. I personaggi non possono dire altro se non la propria verità e parlano per mezzo della Madre (unica presente a titolo fisico), ma ognuno convocato (e quindi comunque presente) tramite il suo delirio verbale che non ha alcuna azione mimetica o antirealisitica.La formazione culturale di questa Madre è ciò che ha imparato vivendo, annaspando nella demenza dell’abbruttimento popolare di una categoria sociale derelitta, ammaliata da televisione, sogni di riscatto, beni di consumo, slogan pubblicitari, parlata di periferia, turpiloquio, bestemmia, consumo del sesso rabbioso e promiscuo, a tratti degenerante.Sul degrado, sull’ignobile miseria regna però, resiste e vince, la figura della Madre; per quanto possa essere sofferente, posta ai piedi di una Croce, oppure immersa nella periferia popolare, resta sopra qualunque perdita, anche della propria dignità. È una Madre.
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